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L'ape 

 

L’essere umano è un animale narratore, elabora il proprio pensiero attraverso storie, storie con buoni, cattivi, intreccio e finale. Non si può pensare, sulla scia delle tante sciocchezze raccontate dai maestri orientali casalinghi, che ci si possa liberare di questa natura. Se hanno bombardato la mia casa e ucciso la mia famiglia la narrazione, decisamente realista e inchiodante, sarà “Hanno bombardato la mia casa e ucciso la mia famiglia”.

Una grande quantità di narrazioni, però, sono imbrogli di cui si può fare a meno. È questo il percorso di alleggerimento più prezioso e importante che io conosca. In pole position ci sono le auto narrazioni con le quali mi definisco e attribuisco un senso alla mia vita: io sono…, io faccio…, io credo…

Quando mi sono allontanato dalla narrazione “Io sono un medico sensibile, empatico, capace di rapportarsi con le persone e gratificato dai feed back dei miei pazienti senza i quali (feed back) non potrei vivere”, ho appeso serenamente le scarpe al chiodo. Ciao dottore, è stato bello.

A seguire, il bisogno che porta a perdersi in narrazioni immense e immutabili che ci fanno partecipi dell’unica verità esistente (secondo quelle narrazioni) e ci assegnano un ruolo fondamentale nell’unico progetto per cui vale la pena vivere (secondo quelle narrazioni) e, va da sé, dare tutto.

Le religioni (culti distruttivi compresi, ovviamente) e ideologie di altra natura si inseriscono qui con il loro specifico dramma cosmico perfettamente lineare. Che però è, di regola, una storiella totalmente priva di fondamento.

Tuttavia se quella narrazione la amiamo, ci consola, dà pace e se chi la racconta non sembra farci del male, perché mai abbandonarla?

C’era una volta un’ape che ronzava nel prato e un tipo disteso che la guardava. “Ape, tieni presente che se mi pungi muori”. E l’ape rispose: “Ok”.

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